Chissà se qualcuno si sofferma mai sul significato della parola attesa. Quando anche pochi attimi possono sembrare un’eternità, immaginate voi cosa si può provare ad aspettare una vita intera. Un’attesa infinita, fatta di ospedali, ambulatori, esami, referti, domande senza risposta. Attendi talmente tanto che il tempo che ti resta da vivere è più breve di quello che hai trascorso nell’attesa di qualcosa che forse non saprai mai.
Sei talmente stanco che ti lasci trascorrere il tempo addosso, guardi il mondo attraverso una finestra pensando a quello che avresti potuto fare se solo qualcuno, negli anni dell’attesa, ti avesse teso una mano. Hai speso la tua vita nel sembrare la persona più forte del mondo quando la tua corazza nemmeno riusciva a proteggerti da te stesso. Ti sei spinto al limite tante di quelle volte che hai rischiato di non alzarti più e solo per dimostrare che tu ce la potevi fare anche da solo.
Ma non è così, non è mai così, anche se qualche volta ci illudiamo del contrario. Non ci si può salvare da soli dalle malattie rare, anche noi abbiamo bisogno dei nostri eroi. Ma di quelli senza mantello, di quelli che ti aiutano senza farsi notare, di quelli che non hanno bisogno di grandi palcoscenici, di riflettori e di followers. Noi abbiamo bisogno di medici che sanno il vero valore della vita e fanno di tutto per proteggerci da queste bestie che, se guardiamo bene, non sono poi così rare.
Il covid sta dimostrando al mondo intero il significato di malattia invisibile, della parola sacrificio, privazione, solitudine e tante altre cose che i malati rari affrontano da una vita ma che da una vita rimangono inascoltati. Purtroppo non credo che questa chiamiamola ‘lezione’ che stiamo ricevendo possa servire a far riflettere sul diritto alla salute e sull’importanza dell’assistenza sanitaria. Almeno non a quelle persone che dovrebbero tutelarci e ancora oggi invece ci emarginano negandoci anche quel poco che avevamo conquistato. Da pazienti di serie Z siamo diventati quelli ‘fragili’ quelli che se muoiono a causa del virus invece che venire pianti per l’inferno vissuto vengono ricordati con il ‘era già malato quindi sarebbe morto comunque’ .
No, decisamente non penso che il covid servirà da lezione a quelle persone che hanno completamente perso l’umanità, l’empatia, la solidarietà verso il prossimo. Il virus ha stravolto le nostre vite ma non ha cambiato l’anima delle persone.
In mezzo a tutto questo rumore che stiamo vivendo, ci sono sempre le stesse persone che chiuse in una sorta di quarantena perenne, silenziosamente, aspettano che qualcuno bussi alla loro porta e dica ‘io ti vedo’.
ll continuo movimento è il mio piano di gioco.Mai fermarmi abbastanza a lungo per non rischiare di rimanere impantanata in pensieri scomodi e dolorosi; di inciampare in amori senza via d'uscita; di scontrarmi con amicizie di convenienza. Saltare di progetto in progetto, di meta in meta, di cuore in cuore, è il mio moto perpetuo. Come una donna in equilibrio sulle foglie di ninfea, sono sempre attenta a non bagnarmi. Per me,toccare l’acqua, significa morire. Deborah Capanna
Vorrei liberarti dalle paure che vivono nel profondo della tua anima e regalarti quello di cui hai bisogno.
Vorrei farti piangere di gioia tutte le tue lacrime per non lasciarne più al dolore.
Vorrei farti provare l’amore, quello che ti lascia addosso la voglia di vivere per poterlo rifare ancora.
Vorrei farti sentire la persona più importante della mia vita perché semplicemente lo sei.
Deborah Capanna
Vorrei dirti tante cose, ma non posso, o non voglio, o semplicemente non ci riesco. Perché ho paura di non essere capita, creduta, voluta. E allora le tengo per me, per non metterti in imbarazzo, per non costringerti a dirmi che forse ho sbagliato, che probabilmente ho frainteso, che ho vissuto dentro una storia solo mia. Continuerò a volerti, ma lo farò in silenzio. Scriverò di te, attraverso i pensieri di qualcun altro, che diventeranno i miei. E chissà che un giorno, leggendoli per caso, non ti venga voglia di scrivermi. Allora capirai che ti ho sempre amato, dal primo giorno, dal primo istante, dal primo battito.
A chi riconosce la tristezza dietro a quei sorrisi illusori che uso per far credere che sto toccando il cielo con un dito quando in realtà sono in bilico su un burrone. A chi sa far crollare i muri che mi costruisco con maschere di cartone per nascondere quello che nessuno vorrebbe mai conoscere. A chi sa spogliarmi della corazza che indosso per proteggermi da quello che mi può ferire profondamente, oltre la carne, dritto al cuore. A chi mi salva e mi afferra prima di precipitare.
A chi crede a quello che non può vedere.
A chi sa restare con me, nonostante me.
Un pensiero a chi come me
non ha una foto in costume da postare ma solo pensieri partoriti in giornate lunghe e dolorose.
Un pensiero a chi come me
lotta contro malattie rare e incurabili e nonostante questo riesce ancora a regalare sorrisi e parole attraverso uno schermo.
Un pensiero a chi come me
lotta ogni giorno per una vita migliore nonostante l’indifferenza di chi fa finta di non vedere.
Un pensiero a chi come me
guarda attraverso la finestra un angolo blu del cielo pensando che un giorno avrà una vista migliore.
Un pensiero a chi come me
sa quello che la vita gli ha rubato ma non smette di pensare a quello che ancora può regalargli.
Un pensiero a chi come me
ha voglia di sentire la vita dentro e non guardarla da fuori.
Un pensiero a chi come me
lotta contro il dolore cronico notte e giorno e nonostante questo riesce a trovare ancora un motivo per rialzarsi.
Un pensiero a chi come me
è stanca di perdere tempo con persone che non vogliono capire o che invece di costruire riescono solo a distruggere.
Un pensiero a chi come me
ha visto e sentito cose che non potrà mai dimenticare.
Un pensiero a chi come me
non fa della malattia una battaglia personale ma una battaglia comune.
Un pensiero a chi come me
ha deciso di aiutare senza pretendere niente in cambio.
Un pensiero a chi come me
ha perso tutto ma non la voglia di vivere.
Ci sono delle scuse che vorremmo tanto sentire ma che non arriveranno mai. Scuse che pesano come macigni; scuse che potrebbero ricucire vecchie ferite che fanno ancora un male terribile, continuo e profondo. Pochi comprendono l’importanza di chiedere scusa, soprattutto in situazioni particolari, estreme, di grande disagio. “Scusa” è un sentimento, un modo per essere umani in una società che Continua a leggere →
Il compleanno… Maledetto, magnifico giorno… Cosa si festeggia esattamente al compleanno? O meglio, cosa dovrei festeggiare io?… Sicuramente non gli anni di malattia… Non la sofferenza che questa bestia rara mi regala ogni giorno da tutta la vita … Non la superficialità e l’ignoranza che ho Continua a leggere →
Esattamente un anno fa scrissi questa lettera di getto, come sempre dettata dalle mille emozioni che cerco e divoro ogni giorno. Ho deciso di pubblicarla sul blog perché l’umanità e l’empatia non dovrebbero conoscere confini, soprattutto quelli dettati da una società che ci vuole indifferenti, superficiali ed egoisti. Il mio cuore non sempre segue la ragione, e so che molte volte dovrebbe ascoltarla un pò di più; ma si sa che io sono questa, quella del vivi tutto e vivi adesso.
Ciao Roberto,
ho deciso di scriverti una lettera perché a voce non riesco a dirti quello che vorrei, vuoi per mancanza di tempo, vuoi per timidezza, vuoi perché non riesco mai ad aprirmi come vorrei, vuoi perché il rapporto medico – paziente forse non prevede questo tipo di confidenza, una confidenza che molti sicuramente vedranno come lo sconfinamento di un limite che non si può oltrepassare. Ma io sono quella che non ama i confini, quella che non mette regole alle parole, soprattutto se dettate dal cuore. Continua a leggere →