Quante volte ci sentiamo dire delle stupidaggini? Dettate da ingenuità, ignoranza, superficialità o menefreghismo. In poco più di un minuto di video abbiamo cercato di far capire quanto ancora sia difficile far conoscere l’esistenza delle malattie rare e orfane di diagnosi, spesso invisibili, troppe volte inascoltate.
Potrei scrivere un lungo post sull’anno appena concluso, un anno di dolore, di lutti, di disperazione. Un anno che rimarrà nella storia e che sarà ricordato per sempre. Ma credo che di parole se ne siano già fatte tante, e le riflessioni in merito siano comuni a molte persone.
Quello invece di cui non si è parlato abbastanza è l’abbandono che il resto delle malattie non covid hanno dovuto affrontare. Ci sono milioni di persone già molto provate che, oltre alla pandemia, hanno dovuto affrontare ulteriori difficoltà. Il mio pensiero va a loro, a noi. Il coronavirus purtroppo non ha tirato fuori il meglio delle persone. Egoismo, cattiveria, ignoranza e stupidità hanno trovato terreno fertile, e quello a cui abbiamo assistito in questi lunghi mesi, personalmente mi ha provata molto, forse più della pandemia stessa. Se le persone affrontano un male che affligge tutta la popolazione mondiale con questa mancanza di solidarietà e superficialità, come si può pensare che di fronte a malattie non comuni, che interessano solo una parte della popolazione, si riesca a ricevere quell’interesse che tanto cerchiamo? So che vi dico sempre di non mollare, ora il mio appello a non farlo è ancora più forte. Non lasciamo che l’indifferenza prenda piede, non facciamo dimenticare le malattie rare e orfane di diagnosi, continuiamo la nostra battaglia, siamo stati costretti al buio per troppo tempo per permettere di farci spingere ancora una volta indietro.
Quello che mi auguro, e che ci auguriamo tutti, è quella di riprenderci quel pezzo di vita che questo virus ci ha tolto, ma quello che mi auguro ancora di più, è che la ricerca per diagnosticare e curare le malattie rare inizi a essere alla pari di quella che hanno impiegato a sconfiggere il coronavirus. Migliaia di persone meritano una seconda possibilità, meritano risposte, meritano cure, meritano assistenza, meritano di ritornare a vivere. Persone, adulti e bambini, che da sempre vivono silenziosamente in quarantena, senza manifestare, senza ribellarsi, senza danneggiare nessuno. Persone che rispettano e che meritano rispetto. Persone che non devono più essere emarginate, non credute, non aiutate.
L’unione fa la forza, e crederci è indispensabile per sconfiggere quello che ci sta tenendo tutti prigionieri: chi da un anno, chi da tutta la vita.
ma la storia che il Governo è vicino alle persone con disabilità a chi la vuole raccontare? Non è che menzionare la giornata internazionale delle persone con disabilità vuol dire essere presenti e far fronte ai nostri bisogni. Lo sa che sono secoli che continuiamo a lottare per i nostri diritti che puntualmente vengono calpestati, ignorati, negati? Tra le disabilità ci sono anche quelle invisibili, quelle che a occhio non si vedono. Non si vedono ma si sentono, mi creda. Non è solo colpa del covid se siamo in sofferenza, caro Presidente, la colpa è da ricercare altrove e Lei lo sa molto bene. Sa cosa mi è successo giusto poco tempo fa? Mi hanno tolto il contrassegno disabili dopo il terzo rinnovo. La mia colpa? Quella di non mostrare la bestia che mi sta divorando dentro. La colpa di chi ha compiuto questo gesto insensato? La profonda ignoranza verso le malattie rare. Mi dica, caro Presidente, come possiamo noi continuare a sbattere contro queste violazioni dei diritti, contro queste violenze, contro queste discriminazioni? No, non è colpa del coronavirus. È colpa di chi continua a rimanere indifferente a questi soprusi legalizzati.
E’ il mio compleanno ma non so quanti anni compio. Non lo so perché quando mi guardo allo specchio non mi riconosco più. La stanchezza e il dolore hanno trasformato il mio viso, e quello che vedo non rispecchia ciò che sono dentro. Questo corpo, che da sempre è la mia peggiore menzogna, è una prigione con le sbarre che diventano ogni giorno sempre più strette.
Sorrido quando le persone mi dicono ‘questo virus ci ha stravolto la vita’. Sorrido perché loro non sanno che la mia vita è stata interrotta tanto tempo fa da qualcosa a cui nessuno ha mai dato la giusta attenzione. Sorrido perché da anni vivo un lockdown in solitudine, dove nessuno si chiede mai come faccio a sopravvivere senza risorse e senza la giusta assistenza socio-sanitaria. La mia è una quarantena senza fine, dove non ci sono eroi o aiuti da parte dello Stato. Il covid-19 non ha reso migliore nessuno, anzi ha portato a galla le gravi mancanze e i buchi neri di una società e una politica che da una vita se ne frega della salute dei cittadini, soprattutto di quelli più fragili.
In questo giorno, che per qualcuno può essere speciale, a me ricorda solo quanto tempo mi è stato portato via ingiustamente e nel silenzio totale di chi è diventato complice di tutte quelle morti che non fanno mai notizia.
Probabilmente queste mie riflessioni risulteranno pesanti, molti passeranno oltre pensando di essere immuni a certe disgrazie. Tutti ci sentiamo invincibili fino a che non veniamo presi in pieno da un treno in corsa. Le mie parole non serviranno a molto perché la solidarietà e l’empatia sono diventate cose introvabili, ma non mi posso arrendere all’indifferenza, non l’ho mai fatto. Da sempre cerco di far comprendere anche agli asini più cocciuti, che ci sono persone che combattono contro malattie invisibili, molte volte senza cura e ricerca, e che invece di venire aiutate, vengono sbattute violentemente contro dei muri di gomma. Persone delle quali nessuno si occupa che continueranno a lottare da sole. Persone che oltre a proteggersi dal loro male devono anche preoccuparsi di non farsi distruggere dalla superficialità e dalla leggerezza di comportamenti che mettono ulteriormente a rischio la loro salute. Persone che anche durante questa pandemia sono state messe da parte, accantonate, archiviate tra le cose da fare e che, come sempre, nessuno farà mai.
Il virus ha fatto capire al mondo intero l’importanza di quello che è diventato un bisogno primario per tutti: la salute. Un diritto costituzionale, ma non per i malati rari.
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Chissà se qualcuno si sofferma mai sul significato della parola attesa. Quando anche pochi attimi possono sembrare un’eternità, immaginate voi cosa si può provare ad aspettare una vita intera. Un’attesa infinita, fatta di ospedali, ambulatori, esami, referti, domande senza risposta. Attendi talmente tanto che il tempo che ti resta da vivere è più breve di quello che hai trascorso nell’attesa di qualcosa che forse non saprai mai.
Sei talmente stanco che ti lasci trascorrere il tempo addosso, guardi il mondo attraverso una finestra pensando a quello che avresti potuto fare se solo qualcuno, negli anni dell’attesa, ti avesse teso una mano. Hai speso la tua vita nel sembrare la persona più forte del mondo quando la tua corazza nemmeno riusciva a proteggerti da te stesso. Ti sei spinto al limite tante di quelle volte che hai rischiato di non alzarti più e solo per dimostrare che tu ce la potevi fare anche da solo.
Ma non è così, non è mai così, anche se qualche volta ci illudiamo del contrario. Non ci si può salvare da soli dalle malattie rare, anche noi abbiamo bisogno dei nostri eroi. Ma di quelli senza mantello, di quelli che ti aiutano senza farsi notare, di quelli che non hanno bisogno di grandi palcoscenici, di riflettori e di followers. Noi abbiamo bisogno di medici che sanno il vero valore della vita e fanno di tutto per proteggerci da queste bestie che, se guardiamo bene, non sono poi così rare.
Il covid sta dimostrando al mondo intero il significato di malattia invisibile, della parola sacrificio, privazione, solitudine e tante altre cose che i malati rari affrontano da una vita ma che da una vita rimangono inascoltati. Purtroppo non credo che questa chiamiamola ‘lezione’ che stiamo ricevendo possa servire a far riflettere sul diritto alla salute e sull’importanza dell’assistenza sanitaria. Almeno non a quelle persone che dovrebbero tutelarci e ancora oggi invece ci emarginano negandoci anche quel poco che avevamo conquistato. Da pazienti di serie Z siamo diventati quelli ‘fragili’ quelli che se muoiono a causa del virus invece che venire pianti per l’inferno vissuto vengono ricordati con il ‘era già malato quindi sarebbe morto comunque’ .
No, decisamente non penso che il covid servirà da lezione a quelle persone che hanno completamente perso l’umanità, l’empatia, la solidarietà verso il prossimo. Il virus ha stravolto le nostre vite ma non ha cambiato l’anima delle persone.
In mezzo a tutto questo rumore che stiamo vivendo, ci sono sempre le stesse persone che chiuse in una sorta di quarantena perenne, silenziosamente, aspettano che qualcuno bussi alla loro porta e dica ‘io ti vedo’.
C’è una violenza di cui nessuno parla, che viene taciuta, deliberatamente ignorata, giustificata dalla sua fedele compagna chiamata ignoranza. Una violenza dove la vittima diventa vittima due volte: del suo carnefice e del destino che l’ha portata dinanzi a lui. Una violenza che alimenta il dolore invece che placarlo. Una violenza che ferisce più di mille lame affilate dentro la carne. Una violenza che si nutre dell’egocentrismo, della superficialità, della prepotenza e della maleducazione. Una violenza che umilia, deride e calpesta senza pietà.
E’ la violenza psicologica che noi malati rari subiamo ogni qualvolta veniamo a contatto con un essere spregevole, che invece di sollevarci dalle nostre pene ce ne infligge di ulteriori, andando a colpire quel lato che non si può guarire con una benda o un cerotto. Quel lato che chiamano anima e di cui tutti dovremmo essere dotati. Una violenza che va a minare la nostra psiche, già fortemente provata da malattie di lunga durata a cui nessuno riesce a dare un nome o una cura.
Non esiste processo, giudizio, pena, per questa forma subdola di violenza. I carnefici continuano indisturbati a mietere vittime in mezzo a una popolazione cieca, sorda e muta dinnanzi a tanta bruttura. L’indifferenza di chi dovrebbe proteggerci ci spinge a gran forza a rinunciare a quello che è nostro sacrosanto diritto avere: l’assistenza.
Le parole, i gesti, l’indifferenza e la presunzione, feriscono più in profondità della malattia. Sono dolori interiori che ci portiamo dentro tutta la vita. Nessuno deve più permettersi di farci sentire in difetto, sbagliati, ingombranti o in colpa, solo per essere zebre e non cavalli.
C’è un qualcosa che dovrebbe essere alla base di ogni rapporto umano, una virtù che nessuno ci può insegnare ma che tutti possiamo imparare: l’umiltà. Solo l’umiltà può fermare la violenza che siamo costretti a subire.
“Per essere grandi bisogna prima di tutto saper essere piccoli. L’umiltà è la base di ogni vera grandezza.” Papa Francesco
Il mio video appello alle istituzioni per la riapertura degli ambulatori malattie rare e orfani di diagnosi fondamentali per riprendere urgentemente le terapie interrotte, i percorsi diagnostici e di followup e la redazione dei piani terapeutici.
Le mascherine… Maledette mascherine. Da molto prima che dichiarassero lo stato di pandemia erano già introvabili. Non solo sono rimasti senza i medici e gli infermieri, ma anche i malati rari, i malati cronici, i disabili e i loro caregiver. Io stessa ho dovuto provvedere cucendone a mano qualcuna per mio marito, il mio caregiver che esce a fare la spesa e a comprare i farmaci. Mascherine fai date che non tutti riescono a realizzare. Per fortuna, pur rimanendo introvabili i DPI, ci sono aziende che hanno iniziato a produrre mascherine in tessuto, lavabili, sterilizzabili e riutilizzabili. Se ne trovano di diversi tipi e prezzi, non proteggono come i DPI certificati ma sono meglio che una sciarpa sulla bocca. Mascherine che si possono utilizzare anche sopra quelle chirurgiche, quando a disposizione se ne ha una sola e si deve far durare. Laura mi ha chiesto di realizzare una grafica personalizzata per la sua mascherina. Lei è una malata rara, una guerriera affetta dalla Sindrome di Ehlers Danlos. Chissà che, in questa situazione surreale, queste mascherine possano contribuire a rendere visibile l’invisible.
Ho deciso di scrivere una lettera ai giornali e al Governo in veste di Presidente del Comitato I Malati Invisibili Onlus sull’emergenza coronavirus. A rischio contagio ci sono milioni di persone disabili e affette da patologie croniche insieme ai loro caregiver.
“Sono una donna di 46 anni che da anni combatte in prima linea per tutte le persone affette da malattie rare, croniche, progressive e incurabili. Da sempre, come tutte loro, sono considerata un numero, un fastidio, uno sbaglio, un costo, una perdita di tempo. Anche adesso, in questa emergenza sanitaria, mi hanno attribuito un’etichetta classificandomi come “categoria debole” o “categoria a rischio”, rientro cioè in quella percentuale di persone che se contraggono il virus hanno poche probabilità di superare l’infezione. Una percentuale che comunque, ci fanno sapere, rimane minore rispetto a quella delle guarigioni. Un dato statistico che viene continuamente messo in evidenza, forse perché dovrebbe essere rassicurante, ma che invece non fa altro che alimentare il meccanismo mentale contorto del cittadino che utilizza questa notizia come una scusante per continuare a tenere comportamenti irresponsabili e incivili. Come se a fronte di queste statistiche si sentissero nel diritto di non rispettare le regole, di andarsene in giro fregandosene di tutto e di tutti, senza rinunciare a quelle attività che per loro sembrano fondamentali: prendere l’aperitivo, andare in discoteca, a cena fuori, in palestra.Continua a leggere →