E sono ancora qua

E sono di nuovo qua.
Ricordo la prima delle innumerevoli visite fatta più di 10 anni fa. Ero disperata, la fibromialgia e la vulvodinia mi stavano distruggendo, il dolore era diventato insopportabile e ricordo che il suicidio sembrava una delle opzioni migliori. Si, il suicidio e non mi vergogno a scriverlo perché è quello a cui si pensa quando il dolore neuropatico diventa ingestibile e ti fa desiderare di non aprire mai più gli occhi. Mi sembrava di vivere un inferno, ignara di quello che mi sarebbe capitato negli anni successivi quando la fibromialgia si è rivelata una diagnosi di comodo e la vulvodinia è rimasta come contorno a qualcosa di enorme, una sindrome rara che non lascia più spazio a momenti di benessere, ai giorni in cui respirare torna possibile.
Sono di nuovo qua.
Tanto sofferente, sfiduciata, stanca, stremata, con il pensiero della necessità di una legge che tuteli il diritto di morire quanto quello di vivere. Non siamo sempre ‘forti e coraggiosi’ inginocchiarsi e piangere è umano, come è umana la decisione di dire ‘basta, non ce la faccio più’.
Non ho grandi aspettative, i farmaci sono sempre quelli, la differenza è che adesso alcuni non li posso più prendere a causa delle complicazioni della bastarda, la Sindrome di Ehlers Danlos, e forse a qualcos’altro ancora non inquadrato.
Io sono una di quelle che non molla, di quelle che appena ha un po’ di energia la spende per le battaglie comuni. Ma credetemi se vi dico che sono davvero stufa di sedermi su queste sedie scomode davanti alle centinaia di ambulatori che ho visto in più di 30 anni di malattia dove mi sono sentita dire la qualunque, dove mi sono sentita compresa ma troppe volte umiliata e ignorata.
Ditemi chi non lo sarebbe.
Eppure sono di nuovo qua.
Anche se l’istinto adesso, mentre guardo questa porta, è quello di andarmene il più velocemente possibile. Ma la speranza di stare meglio mi frega e mi inchioda su questa sedia. La paura di una delusione, di una ennesima sconfitta però rimane, come rimane il senso di solitudine che si prova nel combattere queste battaglie senza fine. C’è un mondo dietro il mio sorriso, ormai quasi spento, che solo chi c’è dentro può comprendere.
Non smetterò di combattere, perché è nella mia natura farlo. Ma la lotta per la vita a un certo punto deve diventare anche una lotta per la dignità per poter dire basta e riprendermi quella serenità che mi è stata negata per tanto, troppo tempo.

A chi come me

Un pensiero a chi come me
non ha una foto in costume da postare ma solo pensieri partoriti in giornate lunghe e dolorose.
Un pensiero a chi come me
lotta contro malattie rare e incurabili e nonostante questo riesce ancora a regalare sorrisi e parole attraverso uno schermo.
Un pensiero a chi come me
lotta ogni giorno per una vita migliore nonostante l’indifferenza di chi fa finta di non vedere.
Un pensiero a chi come me
guarda attraverso la finestra un angolo blu del cielo pensando che un giorno avrà una vista migliore.
Un pensiero a chi come me
sa quello che la vita gli ha rubato ma non smette di pensare a quello che ancora può regalargli.
Un pensiero a chi come me
ha voglia di sentire la vita dentro e non guardarla da fuori.
Un pensiero a chi come me
lotta contro il dolore cronico notte e giorno e nonostante questo riesce a trovare ancora un motivo per rialzarsi.
Un pensiero a chi come me
è stanca di perdere tempo con persone che non vogliono capire o che invece di costruire riescono solo a distruggere.
Un pensiero a chi come me
ha visto e sentito cose che non potrà mai dimenticare.
Un pensiero a chi come me
non fa della malattia una battaglia personale ma una battaglia comune.
Un pensiero a chi come me
ha deciso di aiutare senza pretendere niente in cambio.
Un pensiero a chi come me
ha perso tutto ma non la voglia di vivere.

Deborah Capanna

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La Zebrah Rosa® by Deborah Capanna

Stop alla violenza psicologica

C’è una violenza di cui nessuno parla, che viene taciuta, deliberatamente ignorata, giustificata dalla sua fedele compagna chiamata ignoranza. Una violenza dove la vittima diventa vittima due volte: del suo carnefice e del destino che l’ha portata dinanzi a lui. Una violenza che alimenta il dolore invece che placarlo. Una violenza che ferisce più di mille lame affilate dentro la carne. Una violenza che si nutre dell’egocentrismo, della superficialità, della prepotenza e della maleducazione. Una violenza che umilia, deride e calpesta senza pietà.

E’ la violenza psicologica che noi malati rari subiamo ogni qualvolta veniamo a contatto con un essere spregevole, che invece di sollevarci dalle nostre pene ce ne infligge di ulteriori, andando a colpire quel lato che non si può guarire con una benda o un cerotto. Quel lato che chiamano anima e di cui tutti dovremmo essere dotati. Una violenza che va a minare la nostra psiche, già fortemente provata da malattie di lunga durata a cui nessuno riesce a dare un nome o una cura.

Non esiste processo, giudizio, pena, per questa forma subdola di violenza. I carnefici continuano indisturbati a mietere vittime in mezzo a una popolazione cieca, sorda e muta dinnanzi a tanta bruttura. L’indifferenza di chi dovrebbe proteggerci ci spinge a gran forza a rinunciare a quello che è nostro sacrosanto diritto avere: l’assistenza.

Le parole, i gesti, l’indifferenza e la presunzione, feriscono più in profondità della malattia. Sono dolori interiori che ci portiamo dentro tutta la vita. Nessuno deve più permettersi di farci sentire in difetto, sbagliati, ingombranti o in colpa, solo per essere zebre e non cavalli.

C’è un qualcosa che dovrebbe essere alla base di ogni rapporto umano, una virtù che nessuno ci può insegnare ma che tutti possiamo imparare: l’umiltà. Solo l’umiltà può fermare la violenza che siamo costretti a subire.

“Per essere grandi bisogna prima di tutto saper essere piccoli. L’umiltà è la base di ogni vera grandezza.” Papa Francesco

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La Zebrah Rosa® by Deborah Capanna

20 anni di NOI …

La malattia ci ha massacrati, messi in ginocchio, umiliati, presi in giro, distrutto i nostri sogni e il nostro futuro. Siamo caduti un milione di volte e un miliardo di volte ci siamo rialzati. Ci siamo allontanati, ritrovati, persi ma mai lasciati. Si può parlare d’amore quando insieme si cerca di superare mille difficoltà, anche se non sempre si vince. Si può parlare d’amore quando capisci che l’amore non sono le farfalle nello stomaco, le cene a lume di candela, i regali, i viaggi. Si può parlare d’amore quando nonostante la malattia, i problemi economici, la pandemia e tutto quello che di difficile la vita ti può mettere davanti, tu decidi di affrontarli con la persona che hai affianco. Mano nella mano, litigando, piangendo, urlando, ma senza mai mollare quella presa. Allora sì che si può parlare di Amore, quello vero, quello del NOI nonostante tutto.

20 anni di me e di te, 20 anni di NOI

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La Zebrah Rosa® by Deborah Capanna

Malati rari e senza diagnosi: “Con il Covid ancora più invisibili, dobbiamo tornare in ospedale”

Il mio video appello alle istituzioni per la riapertura degli ambulatori malattie rare e orfani di diagnosi fondamentali per riprendere urgentemente le terapie interrotte, i percorsi diagnostici e di followup e la redazione dei piani terapeutici.

VIDEO: Malati senza diagnosi: “Con il Covid ancora più invisibili, dobbiamo tornare in ospedale”

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Ricordi…

Il passato non si può dimenticare ed è anche bello ricordarlo nei momenti migliori. La parte più difficile viene quando si pensa al futuro che si sognava da giovani. Lì allora sì che si dovrebbe riuscire a dimenticare per non farsi ferire da qualcosa mai accaduto. Ma nelle difficoltà a volte si riesce anche a creare qualcosa di bello. Il segreto è ricostruire se stessi a prescindere da quello che hanno costruito intorno a te.

C’è sempre qualcosa che puoi fare per rendere il tuo presente degno dei sogni passati.

#NeverGiveUp

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La Zebrah Rosa® by Deborah Capanna

Le maledette mascherine…

Le mascherine… Maledette mascherine. Da molto prima che dichiarassero lo stato di pandemia erano già introvabili. Non solo sono rimasti senza i medici e gli infermieri, ma anche i malati rari, i malati cronici, i disabili e i loro caregiver. Io stessa ho dovuto provvedere cucendone a mano qualcuna per mio marito, il mio caregiver che esce a fare la spesa e a comprare i farmaci. Mascherine fai date che non tutti riescono a realizzare. Per fortuna, pur rimanendo introvabili i DPI, ci sono aziende che hanno iniziato a produrre mascherine in tessuto, lavabili, sterilizzabili e riutilizzabili. Se ne trovano di diversi tipi e prezzi, non proteggono come i DPI certificati ma sono meglio che una sciarpa sulla bocca. Mascherine che si possono utilizzare anche sopra quelle chirurgiche, quando a disposizione se ne ha una sola e si deve far durare. Laura mi ha chiesto di realizzare una grafica personalizzata per la sua mascherina. Lei è una malata rara, una guerriera affetta dalla Sindrome di Ehlers Danlos. Chissà che, in questa situazione surreale, queste mascherine possano contribuire a rendere visibile l’invisible.

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Mascherina RARE DISEASE

 

Potete seguire le mie creazioni sulle pagine dedicate al La Zebrah Rosa – Brand

La Zebrah Rosa® by Deborah Capanna

Rare Disease Day 2020

Ogni anno, quando realizzo il video per il Rare Disease Day, sembro un’indemoniata: parlo da sola, mi arrabbio, urlo, piango, spengo il pc e lo riaccendo mille volte.

Ogni singola parola, ogni pensiero, ogni sguardo delle persone che decidono di aderire alla campagna di sensibilizzazione me li sento dentro. Sento la loro storia, la disperazione, la voglia di rivalsa, di attenzione, di ascolto, di cura, di vita. Le sento nel profondo perché Continua a leggere

Scusa se…

Ci sono delle scuse che vorremmo tanto sentire ma che non arriveranno mai. Scuse che pesano come macigni; scuse che potrebbero ricucire vecchie ferite che fanno ancora un male terribile, continuo e profondo. Pochi comprendono l’importanza di chiedere scusa, soprattutto in situazioni particolari, estreme, di grande disagio. “Scusa” è un sentimento, un modo per essere umani in una società che Continua a leggere